Tour veneto anti-canone Rai di Bitonci (Lega) contro i tagli del Governo
Il deputato padovano del Carroccio critica le novità introdotte dalla legge di Stabilità come tagli a sanità e spegnimento dei lampioni, contrattaccando con una campagna sul territorio di disdetta in massa dell'abbonamento alla tv pubblica
Che lui non lo paghi, non è una novità. Ora però Massimo Bitonci, il deputato padovano della Lega già sindaco di Cittadella, conta di far proseliti nella sua personale battaglia contro la tv pubblica e il pagamento del corrispettivo canone Rai.
"FACCIAMO FALLIRE LA RAI". Outing l'aveva già fatto, dichiarando in passato in più occasioni "io non pago il canone". Ora il parlamentare del Carroccio, contestando le novità introdotte dalla cosiddetta legge di Stabilità del Governo, contrattacca: "Monti vuole fare cassa anche sulla pelle dei cittadini, obbligando i sindaci a spegnere i lampioni e spolverando i tagli lineari sulla sanità, che, al Veneto, costeranno 140 milioni. Bene, i cittadini risponderanno facendo fallire il carrozzone televisivo di viale Mazzini – spiega il capogruppo della Commissione Bilancio alla Camera – Smettiamo di pagare il canone e lasciamo a bocca asciutta il presidente e il direttore generale imposti dal premier, che, in due, percepiscono 1 milione di euro l’anno: 366mila la Tarantola, 650mila Gubitosi”.
A GENNAIO, BITONCI: "NON PAGO IL CANONE DA ANNI"
"AZIENDA FUORI DAL MERCATO". Oltre "all’uso politico di strisce e trasmissioni", Bitonci rimprovera alla Rai il fatto di vivere fuori dal mercato, sulle spalle dei cittadini: “La televisione di Stato ha il doppio dei dipendenti della sua prima concorrente, Mediaset, che però fattura di più: 3 miliardi circa la prima, 4 miliardi e rotti la seconda. La Rai paga stipendi da nababbo a conduttori e giornalisti: ricordo solo i 2 milioni a Fabio Fazio, il milione e 800mila euro a Luciana Littizzetto e Antonella Clerici, i 300mila di Christian Vieri, per un paio di balletti – insiste Bitonci – Mantiene inoltre una pletora di direttori e vice-direttori senza incarico, mentre sfrutta decine di precari con contratti a tempo o con finte collaborazioni a partita Iva, che finiscono inevitabilmente per fare causa all’azienda: un dipendente su dieci ha un contezioso aperto con la Rai. Non parliamo poi delle produzioni esterne, affidate sempre alle stesse società”.