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Storia del museo di mineralogia, Alessandro Guastoni racconta le collezioni a Palazzo Cavalli

La magnetite di Binn, il meteorite di Tissint e la pectolite della val di Sorne sono i “tre” pezzi conservati al Museo di Mineralogia dell’Università di Padova da cui prenderà spunto Alessandro Guastoni, conservatore dell’istituzione scientifica, per raccontare le storie di personaggi di rilievo internazionale come Catullo, Omboni, Panebianco e Bianchi che si dedicarono al riordino e alla catalogazione delle collezioni mineralogiche dell’Università di Padova.

Venerdì 22 novembre alle ore 16 A Palazzo Cavalli di via Giotto 1 a Padova, Alessandro Guastoni racconta, spiegando l’importanza degli esemplari mineralogici più antichi ancora presenti nelle collezioni e che oggi rivestono un carattere “archeo-mineralogico”, i “200 anni di storie del Museo di Mineralogia”. Insieme ai campioni a volte si ritrovano gli originari antichi cartellini identificativi della specie minerale e, ancora incollati, i numeri di inventario trascritti a mano: testimonianza di un lavoro di catalogazione delle collezioni, dei metodi, delle ricerche, scoperte ed errori degli studiosi che vi operarono.

La pectolite proviene dalla val di Sorne (TN), è un reperto eccezionale perché è formato da pectolite fibrosa che riveste la cavità di un geode, nella quale sono presenti cristalli aciculari sottilissimi pluricentimetrici di natrolite, su cui appoggiano delicate sferette di pectolite fibroso-raggiata. Il campione appartiene alla ex-collezione Giorgio Gasser che riveste un notevole interesse storico e regionale soprattutto per i numerosi esemplari mineralogici provenienti dai giacimenti dell’Alto Adige e del Tirolo austriaco, molti dei quali oggi risultano esauriti. L'esemplare di magnetite di Binn è stato acquistato da Angelo Bianchi negli anni '60 del Novecento. Nell'ottobre 2015 gli eredi del professore hanno donato al Museo di Mineralogia dell'Università di Padova la collezione di circa 200 minerali, comprensiva di un esemplare di zolfo siciliano, numerosi cristalli isolati di acquamarina, quarzo e topazio provenienti dal Brasile con ottime tonalità di colore e qualità gemmologica. Nel Museo di Mineralogia dell'Università si conserva un'affascinante raccolta di meteoriti, con esemplari anche di valore: alcuni sono impressionanti per le loro dimensioni (una grande condrite pesa quasi 16 kg!), altri per i cangianti cromatismi (bellissima la pallasite con noduli translucenti di ovulina verde). Il frammento da Tissint è una vera meteorite marziana, uno dei cento esemplari al mondo provenienti dal pianeta rosso e riconosciuti dalla International Society for Meteoritics and Planetary Science. Il meteorite Tissint, frantumato in numerosi pezzi, è caduto il 18 luglio 2011 in Marocco: altri frammenti sono oggi conservati nei principali musei scientifici del mondo, come il Natural History Museum di Londra e il Naturhistorisches Museum di Vienna.

La storia del Museo di Mineralogia dell'Università di Padova è comune, per un lungo arco di tempo, a quella degli altri Musei naturalistici padovani. In parte derivano dal "Museo Vallisneriano" che comprendeva un vasto patrimonio di raccolte naturalistiche, archeologiche ed artistiche di proprietà del celebre medico lucchese Antonio Vallisneri, chiamato a Padova nel 1700 a ricoprire la cattedra di Medicina Pratica dell'Ateneo. Dopo la sua morte (1730), le collezioni vallisneriane furono donate dal figlio Antonio all'Università e nel 1736 vennero collocate nei locali del Palazzo del Bo sotto la direzione dello stesso Vallisneri. Morto Vallisneri (1777), la direzione del Museo rimase vacante fino al 1806, quando fu affidata al Andrea Renier e, nel 1829, passò a Tommaso Antonio Catullo. Nel novembre del 1869 Giovanni Omboni prende incarico per l’insegnamento di Mineralogia e Geologia presso l’Università di Padova. Dei campioni che hanno ancora incollate le etichette originali rettangolari a stampa nera ne sono stati individuati poche decine, sebbene nel catalogo originale alla voce “collezione mineralogica vecchia” ne fossero presenti ben 2600. Osservando i campioni della collezione sistematica risulta evidente che molti corrispondono alle descrizioni presenti nei cataloghi: l’ipotesi plausibile è che i numeretti si siano con il tempo staccati e siano quindi andati perduti. Nel 1883, Omboni ottiene la suddivisione delle cattedre di Geologia e di Mineralogia, quest’ultima viene affidata al prof. Ruggero Panebianco, il quale la mantiene fino al 1905. Panebianco, garibaldino (partecipò alla battaglia di Bezzecca) eminente cristallografo e mineralogista, fu uomo di grande, ma scontrosa personalità, cui va il merito di aver riclassificato le collezioni di mineralogia attribuendo, una esatta identificazione a molti esemplari mineralogici presenti in museo, nomi che sono tuttora in uso. Nel 1923 subentrò a Panebianco il prof. Angelo Bianchi il quale diede nuovo impulso al Museo con la sistemazione dello stesso nella sede di corso Garibaldi (1932) presso Palazzo Cavalli, dove attualmente risiede. Merito di Bianchi fu l’acquisizione della collezione Gasser a metà degli anni 30, comprendente oltre 2500 campioni. Nel 1966 il patrimonio mineralogico-petrografico ebbe, per opera di Bianchi, definitiva organizzazione e collocazione nei locali del nuovo edificio. Lo stesso Bianchi le arricchì con numerosi esemplari mineralogici eccezionali donati o acquistati da egli stesso per il museo fino alla sua morte, sopravvenuta nel 1970.

Alessandro Guastoni è Conservatore del Museo di Mineralogia dell’Università di Padova. Svolge ricerche in campo mineralogico e cristallochimico su minerali naturali e sulla petrologia delle pegmatiti. È Dottore di Ricerca, gemmologo F.G.A., giornalista scientifico e direttore della Rivista Mineralogica Italiana.

Info: www.musei.unipd.it

Ingresso gratutio. È richiesta la prenotazione - prenota qui


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