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Notturni d'arte alla cappella degli Scrovegni

Giovedì 14 luglio, è il più famoso monumento cittadino ad accogliere i Notturni d'Arte, la cappella degli Scrovegni, affrescata da Giotto tra 1303 e 1305; la visita guidata consentirà di comprendere la portata della rivoluzione operata dal maestro toscano a Padova. Si arricchisce così la carrellata di personaggi illustri a Padova presentata da questa XXVIII edizione dei Notturni d'Arte organizzata dall'assessorato alla Cultura e al turismo del comune di Padova con il contributo di Cassa di Risparmio del Veneto.

La cappella degli Scrovegni costituisce l’opera che meglio interpreta la novità del linguaggio del maestro fiorentino, l’originalità della sua visione dell’arte, che cessa di essere raffigurazione ieratica del sacro, strumento di celebrazione del divino, per divenire anche mezzo efficace per descrivere e parlare dell’uomo, del suo percorso verso la salvezza. L’uomo di Giotto acquista sulla parete un corpo occupante uno spazio. Quella che definisce il fiorentino è ancora una profondità intuitiva realizzata senza precisi calcoli matematici ma grazie all’osservazione attenta del reale. È la spazialità che risente dell’esperienza romana, delle pitture parietali antiche viste probabilmente durante i due soggiorni nella città eterna. La narrazione pittorica di Giotto si distingue anche per la resa di stati d’animo, emozioni, gesti, espressività che avvia quel processo di umanizzazione del sacro, indispensabile ai fini di un efficace coinvolgimento emotivo dell’osservatore.

Volumi, spazio, emozioni per una pittura che nell’osservazione del reale riconosce il suo punto di forza. È proprio l’indagine del mondo sensibile a costituire l’aspetto "scientifico" della ricerca del maestro fiorentino. Il suo spirito indagatore si materializza nelle ambientazioni "spaziose" dell’Annuncio ad Anna, dei finti coretti ai lati dell’arco, dell’aula che accoglie l’Ultima cena, di quella dove scende la Pentecoste. Ma l’inclinazione indagatrice di Giotto si apprezza anche nella descrizione dei tessuti (le vesti degli apostoli nella Pentecoste e nell’Ultima cena), degli elementi d’arredo (gli interni dell’Annuncio ad Anna e nella Nascita di Maria), dei decori e rilievi anticheggianti, (La cacciata dei mercanti dal tempio, Il corteo nuziale di Maria), confermando quest’ultimi la memoria dell’antico del maestro fiorentino. C’è spazio anche per la natura: le piante e le erbe che impreziosiscono le scene di Gioacchino tra i pastori, del Noli me tangere, quali la quercia, l’alloro, la sanguisorba, l’angelica sono realizzate con cura e attenzione tanto da ipotizzare una considerazione degli erbari medievali dove le piante venivano descritte proprio per le loro proprietà e virtù medicinali. Per quanto riguarda la cometa che appare nell’Adorazione dei Magi, alcuni studiosi hanno individuato nell’astro la raffigurazione della cometa di Halley, vista probabilmente da Giotto nel 1301. Anche la concezione aristotelica delle comete di Pietro d’Abano, sembra essere stata considerata dal maestro fiorentino. Ma la sua attenzione per l’astronomia traspare anche da certe soluzioni adottate all’interno della Cappella: il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, un raggio di sole penetrando dalla finestra posta sopra l’arco crea particolari effetti di luce fino a colpire, sulla parete di controfacciata, il modellino che Enrico Scrovegni dona alla Madonna. Calcoli e considerazioni astronomiche che si intrecciano alla cultura teologica. Utilizzando nozioni di astronomia, il ciclo si impreziosiva di particolari effetti luminosi di grande malia, che esaltavano la religiosità del luogo e catturavano l’attenzione dei fedeli.


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