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Notturni d'arte alla scoperta della cittadella francescana‏

Al centro della serata dei Notturni d'Arte di sabato 2 agosto saranno Baldo Bonafari e la moglie Sibilia Cetto, fondatori della cosiddetta cittadella francescana, complesso edilizio costruito per finalità benefiche nel corso del secondo-terzo decennio del XV secolo, delimitato dalle attuali via del Santo, via San Francesco e via Galileo. A introdurre il pubblico al cospetto dei due coniugi, devotissimi di san Francesco, saranno una conversazione di Silvana Collodo, docente di Storia medievale dell'Università di Padova, la lettura di poesie con accompagnamento musicale San Francesco nello sguardo della poesia con Michele Silvestrin (voce recitante) e Sara Pozzato (flauto traverso); il risultato di quest’opera di grandiosa carità si potrà ammirare nelle visite guidate alla chiesa di San Francesco, alla Scuola della Carità e all'Oratorio di Santa Margherita.

Il complesso rispondeva al proposito dei fondatori di mettere a disposizione di poveri e di infermi un grande polo di assistenza pubblica. L’isolato era composto da due insiemi: il primo e più cospicuo era formato da stabili destinati alla degenza di ammalati, all’alloggio di inabili e indigenti, oltre che del personale medico e di servizio, mentre il secondo, concentrato a sud del precedente, comprendeva la nuova chiesa di San Francesco e il convento dei frati minori. Il campo delle finalità benefiche era completato dall’associazione laicale di Santa Maria della Carità, i cui membri operavano nella sede, eretta giusto a fronte della chiesa, per la raccolta e distribuzione dei proventi di elemosine e legati testamentari da destinare a famiglie bisognose e a ragazze da marito ma prive di dote.

Gli istituti sorti o, nel caso della confraternita, potenziati dai Bonafari, svolsero la funzione degli ospedali centrali, predisposti in quel tempo dalle autorità cittadine di alcune grandi città dell’alta Italia. Ma negli anni di realizzazione del progetto, Baldo Bonafari, originario di Piombino, giunto a Padova verso il 1381, non deteneva alcuna carica o ufficio di governo: anzi, egli stava scontando l’esilio cui era stato condannato dalle autorità veneziane, subentrate alla fine del 1405 al signore padovano Francesco Novello da Carrara, per il fatto di essere stato uno stretto collaboratore di questi e prima ancora del padre Francesco il Vecchio. Come si spiega quindi l'opera di Baldo Bonafari e della moglie Sibilia, la quale mise a disposizione per l’esecuzione dell’impresa e la dotazione dell’ospedale il ricco patrimonio di case in città e di fondi agricoli nel contado, a lei pervenuto per eredità paterna e accresciuto grazie a donazioni d’immobili, effettuate da donne cui essa era legata per parentela o per amicizia e che aveva saputo coinvolgere nell’iniziativa? La destinazione a fini assistenziali del patrimonio di Sibilia e di quello senz’altro inferiore del marito, risentì sicuramente della mancata nascita o della precocissima scomparsa di figli della coppia, ma ebbe soprattutto un significato politico: la scelta della fondazione rispondeva al proposito di sanare le emozioni della disgrazia politica con l’impiego dei beni donati da Dio a vantaggio di anziani e malati.


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