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La Grande Guerra attraverso l'opera di Anselmo Bucci ai musei civici agli Eremitani

Dal 9 giugno al 16 settembre la mostra di Anselmo Bucci.

Anselmo Bucci nacque il 23 maggio 1887 a Fossombrone, piccolo centro del Montefeltro in provincia di Pesaro. Nel novembre 1906, a soli diciannove anni, assieme agli amici Dudreville e Buggelli, giunse a Parigi. “Avevamo, in tre, cinquant’otto anni, tre valigie, un indirizzo e dodici franchi”, racconta nell’opera autobiografica Pane e luna, uscita postuma nel 1977.

All’inizio la vita fu dura; Bucci cominciò a raccogliere le prime soddisfazioni solo nel 1908 con l’album del piccolo Paris qui bouge (Parigi in movimento), una raccolta di tredici puntesecche dedicate alla vita degli umili. Risale all’anno successivo l’importante e pregevole raccolta del grande Paris qui bouge, cinquanta incisioni sempre a puntasecca. Dopo l’uscita di questa edizione, finalmente fu riconosciuto al giovane artista marchigiano il meritato consenso. A Parigi ebbe una fitta attività espositiva al Salon des Artistes Français, al Salon des Indépendants e con il Groupe Libre, un insieme di artisti che non avevano una poetica comune, ma condividevano il distacco dalla tradizione accademica, pur non aderendo né al Cubismo né al Futurismo.

Eccetto qualche breve rientro in Italia, Bucci fu a Parigi fino a maggio 1915, quando decise di tornare in patria per partire con il Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti. In quel reparto si troverà con Umberto Boccioni, Filippo Tommaso Marinetti, Antonio Sant’Elia, Carlo Erba, Mario Sironi, Achille Funi e altri artisti ancora. Ben presto Bucci trovò nelle scene di guerra un potente motivo di ispirazione per le sue opere. Tra i pittori di guerra italiani si fece notare per quantità e originalità di esiti: anziché limitarsi ai ritratti, come faceva la maggior parte degli artisti al fronte, Bucci osservava con attenzione tutti i momenti e gli episodi della vita militare e coglieva delle tipologie e delle categorie umane. Così fissò sulla carta il soldato che scriveva a casa, quello che stava di sentinella o che consumava il rancio o che avanzava sotto il fuoco. Rappresentò la corvée dell’acqua e della legna, i volontari ciclisti, i motociclisti, la colonna in marcia e ancora la pulitura delle armi e i momenti di riposo. Nelle terribili circostanze della guerra di trincea vengono fuori la sua vena narrativa e descrittiva e la sua capacità di esplorare quasi tutti i registri, da quello epico a quello ironico, a quello più neutro e diaristico. 

Nel 1917 Bucci pubblicò Croquis du Front italien presso l’editore D’Alignan e l’anno successivo Marina a terra con Alfieri e Lacroix. Nel 1919, sempre da quest’ultima azienda, uscirono anche le tavole litografiche di Finis Austriae. Le tre raccolte, appartenenti a una collezione privata padovana, sono tutte esposte nella mostra. Se inCroquis du Front italien possiamo dire che Bucci è ancora in sintonia con lo spirito parigino, nell’album Marina a terra - che è stato definito nel 1919 dal critico Raffaello Giolli “la più ricca edizione italiana sinora uscita per la guerra, qualcosa di davvero monumentale” -, si mostra più riflessivo. In Finis Austriae le illustrazioni che avrebbero dovuto essere un inno alla vittoria si concentrano invece sulla disfatta austriaca con la partenza/ritirata dal porto di Pola.

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