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"Finzioni giudiziarie. La giustizia e la sua rappresentazione mediatica", a Padova

Negli ultimi anni, sempre più casi giudiziari sono usciti dalle mura dei tribunali per diventare anche, o soprattutto, casi letterari.
Molta parte della narrazione si è spesa per raccontare le inchieste e la macchina dagli ingranaggi sofisticati che è il processo.

Accanto al tema della rappresentazione narrativa della giustizia vive però anche quello, meno blasonato e analizzato, della letteratura nella giustizia.
In altre parole, non come la giustizia viene rappresentata dagli scrittori, ma come chi è demandato all’esercizio della giustizia rappresenta sè stesso e viene, di conseguenza, rappresentato nel discorso pubblico, e come questa auto-rappresentazione influenza il corso stesso e gli esiti giudiziari.

Venerdì 15 settembre alle ore 14.30 a palazzo Maldura il CEST - Centro per l’Eccellenza e gli Studi Transdisciplinari, organizza un dibattito a tre voci con Vittorio Pezzuto, giornalista e autore del libro-inchiesta "Marta Russo. Di sicuro c’è solo che è morta"; Guido Vitiello, ricercatore in Sociologia dei processi culturali alla Sapienza Università di Roma e firma del Foglio e di Internazionale e Alessandra Diazzi, docente di Letteratura e cultura moderna e contemporanea dell’Università di Manchester.
Modera Marco Malvestio, dottorando in Lettere moderne all’Università di Padova e membro del CEST.

Un dialogo che è al contempo un viaggio terrificante (e illuminante) nella giustizia e nella politica italiane e nella loro trattazione mediatica, a partire dal caso esemplare, ancora oscuro e sfuggente per larga parte dell'opinione pubblica, di Marta Russo, studentessa di ventidue anni colpita da una pallottola mentre passeggiava in un viale dell’università La Sapienza la mattina del 9 maggio del 1997.

Esemplare perché il movente inizialmente individuato dalla procura è di natura eminentemente romanzesca - la tesi del delitto perfetto, compiuto come atto di sfida superomistica - e, pur essendo subito smentito dalle indagini, non scompare mai davvero dall’opinione pubblica ma rimane in filigrana anche nelle motivazioni della condanna.
Esemplare perché ha messo in evidenza, da un lato, il rapporto morboso esistente tra cronaca e giustizia nel Paese e, dall’altro, la capacità spettacolarizzante della stampa, in grado a volte di anticipare le sentenze dei giudici stessi.
Esemplare, infine, perché deve diventare un exemplum per meglio comprendere in quale modo la necessità di proporre narrazioni appetibili per il grande pubblico assetato di romanzesco possono condizionare una sentenza o, addirittura, il corso della vita pubblica di un Paese.
E in che modo la letteratura stessa, o il giornalismo, può porre rimedio a questa situazione.
Qual è in altre parole il peso che la non fiction e l’inchiesta possono avere nel modificare l’opinione pubblica.


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