Economia

Confapi Padova: cosa si sarebbe potuto fare con i soldi usati per salvare di nuovo Alitalia

"Con quanto speso per la compagnia di bandiera, sarebbe stato possibile costruire 12 nuovi ospedali e ripianare due volte e mezza le sofferenze bancarie delle imprese padovane"

Davide D'Onofrio Direttore Confapi Padova

Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, in concomitanza con l’apertura delle buste di interesse per l’acquisizione di Alitalia, ha provato a calcolare cosa si sarebbe potuto fare con un investimento tanto considerevole. Una constatazione preliminare: considerando i 60,8 milioni di abitanti del Paese, è come se sulla testa di ognuno gravasse una tassa di 131,6 euro destinata alla compagnia aerea. Ma, tornando agli 8 miliardi iniziali, avrebbero permesso di costruire 12 nuovi ospedali a Padova, partendo dalla stima di 643 milioni di spesa calcolata a suo tempo dal gruppo tecnico istituito ad hoc dalla Regione Veneto per definire i costi dell’opera attorno a cui si dibatte da anni.

CENTRO CONGRESSI E TRAM. Il Centro congressi che dovrebbe sorgere nell’ambito del polo fieristico sulla base del progetto firmato dall’archistar giapponese Kengo Kuma? Costa “solo” 19 milioni e 300 mila euro. Il che significa che si sarebbe potuto costruire comodamente e che se ne sarebbero potuti edificare altri 413 in giro per l’Italia. E la famigerata seconda linea del tram che avrebbe dovuto collegare Voltabarozzo, stazione ferroviaria e Stadio Euganeo? Doveva costare fra i 60 e i 70 milioni di euro. Se ne sarebbe potute realizzare almeno 123. E a quanto ammonta il totale delle sofferenze bancarie delle imprese padovane secondo i dati forniti da Banca d’Italia? Qui si sale a 3,2 miliardi di euro. In sostanza si sarebbero potuti comodamente ripianare i debiti delle aziende in crisi 2 volte e mezza, rilanciando l’economia del territorio e anche l’occupazione. Sono invece 6,4 i miliardi necessari per la ricapitalizzazione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, il che significa che sarebbe stato possibile provvedere interamente al fabbisogno.

LE PICCOLE IMPRESE. «Ovviamente quello proposto è solo un gioco, per quanto a sfondo amaro, nato con il preciso intento di evidenziare che a pagare alla fine sono i cittadini comuni, ovvero noi, e con la speranza che l’apertura delle buste porti a una vera svolta» sottolinea Davide D’Onofrio, direttore di Confapi Padova. «Ma voglio invitare a pensare a una qualunque piccola o media impresa con alle spalle un fallimento e un tentativo di ricollocazione sul mercato che sia costretta a chiedere 10 mila euro per restare in piedi: vi assicuro che non farà nemmeno in tempo a bussare a una qualsiasi porta che se la vedrà sbattere in faccia con violenza. Con i 7,4 miliardi già spesi quante aziende avremmo potuto far sviluppare? Quanta occupazione avremmo potuto creare? Quanti servizi avremmo potuto erogare? Quante infrastrutture costruire?

ALITALIA OGGI. «E a questo punto viene da porsi un’altra domanda: come fa una compagnia aerea a fallire due volte in un mercato in crescita clamorosa come quello dei trasporti aerei? E la risposta è che chi ha gestito Alitalia non ha saputo fare il suo mestiere: oggi Alitalia è un operatore vecchio in un mercato nuovo, una compagnia senza una strategia e una collocazione precisa. Il problema è che certi temi direttamente collegati a un elettorato tangibile non vengono affrontati da chi sta al Governo, che si troverebbe a scontentare potentati ed elettori. La morale è che a pagare è la collettività. E così è stato chiesto ancora una volta allo Stato di metterci mano attraverso la solita Cassa depositi e prestiti. Ma per quanto dovrà andare ancora avanti questa storia?».


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