Cronaca

Vajont: l'università di Padova e l'Ogs studiano il monte Toc

A quasi 50 anni dalla tragedia che causò la morte di migliaia di persone, il dipartimento di Geoscienze dell'ateneo patavino e l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste esamineranno con nuove tecnologie l'area di frana

Il corpo di frana del monte Toc e alcuni settori della valle del Vajont - a quasi 50 anni dal disastro che causò migliaia di morti - saranno oggetto di uno studio congiunto da parte dei ricercatori di Ogs, l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste, e dell'Università di Padova, nell'ambito di una convenzione da poco sottoscritta della durata di 12 mesi che si inserisce in un progetto avviato e coordinato dal dipartimento di Geoscienze dell'università patavina, di cui è responsabile Rinaldo Genevois.

Lo studio esaminerà l'area di frana e dei dintorni da un punto di vista elastico-acustico, con tecnologie assai più moderne di quelle impiegate in passato. Il 9 ottobre del 1963 una frana causò l'onda assassina che si abbatté su Longarone e sull'intera valle del Vajont causando morte e distruzione. "L'analisi dei documenti esistenti sarà il punto di partenza - spiega Massimo Giorgi, responsabile scientifico del progetto per Ogs - Poi acquisiremo i dati geofisici in loco e li elaboreremo per produrre un modello elastico-acustico della frana".
 
Il risultante modello fisico-matematico della struttura interna della frana rivelerà se, durante il distacco del versante montuoso di 48 anni fa, si sono determinati scivolamenti a diversa velocità e zone di rottura secondarie che hanno amplificato il disastro. L'obiettivo successivo sarà trasformare il modello in uno strumento previsionale da applicare in zone con analoghe caratteristiche geo-morfologiche e dinamiche, per evitare ove possibile il ripetersi di sciagure analoghe.
 
"Il modello 3d che intendiamo ricostruire - dice ancora Giorgi - descriverà la caduta e la deformazione del terreno dell'intero versante, grazie all'analisi della velocità delle onde P (primarie, più veloci) ed S (secondarie, più lente) dell'ammasso roccioso, che daranno indicazioni sulle caratteristiche di elasticità delle rocce e del terreno franato". I risultati potranno essere applicati non solo al Friuli Venezia Giulia, ma anche ad altre zone colpite da dissesto idrogeologico, problema che affligge buona parte del territorio nazionale.
 

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