Cronaca

Immigrati sfruttati nei campi dai "caporali": minacce, violenze e turni massacranti

L'operazione "Miraggio" ha consentito di smantellare un'organizzazione criminale che sfruttava lavoratori extracomunitari nella raccolta e potatura in tre province del Veneto

I carabinieri durante un controllo in una delle aziende agricole in cui venivano impiegati i lavoratori

Quattro uomini marocchini sono stati sottoposti alla misura cautelare dell'obbligo di dimora per sfruttato il lavoro di 13 connazionali, due dei quali irregolari in Italia, attraverso un'azienda agricola costringendoli a lavorare nei campi senza contratto, norme di sicurezza e per un compenso irrisorio. Un quinto indagato si è invece reso irreperibile.

L'indagine

Le misure sono state emesse dal Gip del tribunale di Padova sulla scorta dell'indagine condotta tra il marzo 2018 e il maggio 2019 dai carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Venezia con i colleghi delle compagnie di Abano Terme e Rovigo coordinati dalla procura patavina. L'operazione "Miraggio" ha permesso di smantellare l'associazione a delinquere creata dai cinque nordafricani che, attraverso un'impresa agricola intestata a uno di loro con sede a Rovigo, reclutavano manodopera da impiegare in varie aziende del Padovano, del Veneziano e del Rodigino.

L'organizzazione e le condizioni di lavoro

L'organizzazione era articolata con una precisa scala gerarchica. Al vertice il titolare dell'azienda, che con il cognato gestiva gli aspetti organizzativi e burocratici, raccogliendo le richieste di manodopera delle aziende mentre il parente si occupava dei pagamenti. Con loro operavano tre sodali con il ruolo di veri e propri "caporali" che reclutavano i connazionali, li accompagnavano e li sorvegliavano durante i massacranti turni di lavoro nei vigneti e frutteti. Ai malcapitati, due dei quali in attesa di permesso di soggiorno e dunque irregolari, promettevano un lavoro in regola arrivando anche a minacciarli e aggredirli verbalmente e fisicamente. Tremende erano le condizioni di lavoro cui i 13 marocchini erano sottoposti. Turni di oltre 10 ore senza riposi, ferie né contributi versati, senza le minime norme di sicurezza e igiene, il tutto per un compenso di 3 euro l'ora, talvolta del tutto "in nero".

Le misure cautelari

L'indagine è nata nel 2018 da due querele sporte ai carabinieri che hanno portato a galla l'associazione criminale. Lunghi pedinamenti e accertamenti hanno permesso di ricostruire l'operato e la gerarchia dell'organizzazione tanto che, già nel febbraio 2019, il titolare dell'azienda aveva ricevuto l'interdizione dall'esercitare l'attività. Un'ordine che non ha però mai rispettato, proseguendo nell'azione criminale. Martedì a quattro dei cinque marocchini sono state notificate le misure cautelari dell'obbligo di dimora con prescrizioni per il reato di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro. Il quinto provvedimento, un divieto di dimora nelle province di Padova e Rovigo, non è invece stato notificato perché il quinto uomo si ritiene sia rientrato in Marocco.

Il sindaco Giordani

Sul caso è intervenuto anche il primo cittadino di Padova, Sergio Giordani. «La piaga del caporalato e dello sfruttamento riguarda anche il nostro territorio, una realtà rispetto alla quale nessuno deve chiudere gli occhi. Bisogna averne consapevolezza e vigilare. Un grazie va ai magistrati e ai carabinieri che hanno condotto l'indagine e smantellato l'organizzazione criminale» ha commentato il sindaco.


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